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I viaggi reali, per quanto esperienza vissuta da molti nei secoli, sono poca cosa rispetto al ben più vasto alone simbolico e antropologico dell'idea del viaggio. Non solo perché la letteratura ha insediato nell'immaginario occidentale storie e personaggi - da Odisseo a Robinson Crusoe - che anche il più addomesticato tour vacanziero ha il potere di suscitare in chi lo intraprenda. Soprattutto, queste storie sono fonte di innumerevoli metafore che 'trasportano' a ciò che per la vita di ognuno hanno voluto dire approdi e naufragi, addii e ritorni, tempeste e bonacce. È, questa, l'incantevole dimensione del viaggio interiore, destinata ad accentuare ulteriormente la sua prevalenza anche per la minore attrattiva che avranno a lungo i viaggi reali a causa dei timori pandemici. Tutti questi livelli simbolici guidano gli autori del volume a porsi essenziali domande di giustizia relative alle forme di viaggio, reali o metaforiche, dei nostri giorni. Si discute ad esempio del turismo, della sua sostenibilità come «questione morale». E analoghi interrogativi ci si pone rispetto all'immigrazione o al rapporto con i beni cultuali di altri paesi. Reso acuto dall'universo narrativo della letteratura greca antica e moderna, della Tempesta di Shakespeare, di Cuore di tenebra di Conrad, e di altri capolavori, il lettore potrà riconoscere le forme rispettabili e accattivanti con cui a volte si mascherano i segni antichi di uno sfruttamento (neo)coloniale. Se il viaggio, in ogni sua forma, resta soprattutto incontro di mondi diversi, la giustizia o l'ingiustizia di questo 'andare' ha le sue radici già nello sguardo di chi arriva e di chi accoglie, nell'equilibrio che vi si gioca tra il dare e il togliere, tra il comprendere e l'imporre. Anzi: tutto prima ancora si rivela nel livello di reale attenzione prestata a ciò cui e, soprattutto, a chi si va incontro.