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Finalmente come Dio! Come Dio? Finalmente? Essere come Dio è tentazione antica come la consapevolezza di essere uomo: sentimento variamente articolato che l'uomo non possa aspirare a nulla di meno e che a nessun altro spetti giudicare ciò che è bene o male. È dunque paradossale l'entusiasmo irresponsabile per la 'morte di Dio': Nietzsche aveva ben detto che non c'era di che entusiasmarsi a buon mercato. In ogni caso, se Dio è morto, essere come Dio diviene problematico; anche essere al suo posto, perché lì la morte ormai incombe. Il nostro non sembra esser più il tempo dell'ebbrezza su nessuno dei due fronti, piuttosto il tempo del disinganno, magari risentito, dell'uomo che ha provato ad essere come Dio e che stenta ora ad essere dignitosamente uomo. Tempo di fragilità dolorosa dell'uomo che, tuttavia, non rinuncia all'arroganza con cui, dopo aver detto "penso quindi sono", dice "sono quindi voglio e posso" mosso da aspirazioni di sempre più piccolo cabotaggio. In questo volume l'autore individua nei caratteri della soggettività moderna, emblematicamente focalizzati nel cogito cartesiano, le radici dell'attuale dissoluzione dell'interesse etico di ampio respiro e della responsabilità morale. Indica quindi la fecondità di una ripresa dell'antropologia cristiana in cui libertà, relazione interpersonale e responsabilità concorrono a definire l'identità soggettiva, suggerendo la complice prossimità di autori come la Arendt, Florenskji, Lévinas, Buber.