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Fin dagli inizi della sua attività di studioso Alfred Mann ha indagato il problema della divaricazione tra teoria e pratica che dalla fine del '700 in poi è andata sempre più accentuandosi, soprattutto nell'insegnamento della musica. Secondo Mann tale scissione nasce all'inizio dell'800 con la standardizzazione dei percorsi didattici per i musicisti, quando l'insegnamento della teoria assume una dimensione nettamente specialistica, separata dall'attività di chi fa la musica. Questa nuova organizzazione produsse una rapidissima obsolescenza del metodo tradizionale di trasmissione del mestiere per addestramento diretto da musicista ad apprendista, basato fin dall'inizio sulla pratica, e finì per produrre una frattura tra pratica creativa e insegnamento, laddove in precedenza, ricorda Mann, "gli ambiti dell'insegnante e del compositore, del pensiero didattico e di quello creativo, erano uniti e non contrapposti". La conseguenza fu la nascita di una 'forma' idealizzata di 'fuga di scuola', governata da regole precise, che divenne materia d'esame nei conservatori restando completamente scissa dalla vera pratica compositiva sia dei secoli precedenti sia di quello coevo. Attraverso la prospettiva storica, che Mann sviluppa in questo saggio, diviene chiaro che il significato del termine 'fuga', come quello di 'forma-sonata' e di 'concerto', cambia secondo le epoche, e che non riusciamo a capirlo se parliamo della 'vera fuga'.