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Mariella è nel letto numero 5 della terapia intensiva. Una cicatrice demarca il confine tra un limbo di visioni e la realtà che le sfugge. È in coma farmacologico: crede di aver tentato il suicidio per amore, ma l'hanno operata al cervello per una malattia rara che non sapeva di avere. Mariella dubita di sé, non riesce a ricostruire gli eventi; ma sarà quella della scienza, alla fine, la sola verità della consapevolezza ritrovata. Una cicatrice separa anche i due luoghi di Mariella: Roma, un fondale di carta, e l'Abruzzo, la sua terra antropologica, dove sopravvive la memoria della zia Elda, e dove talvolta la natura, offesa, porta morte e desolazione. Una cicatrice segna anche le due lingue di dura mater: l'affilato gergo medico e improvvisi tratti lirici con radici antiche. Alla fine, la strada da percorrere è una sola: quella del capetiempe dei contadini abruzzesi, il ripartire sempre da capo, superando il dolore delle sciagure, sia quelle individuali che collettive delle frane e dei terremoti. Postfazione di Sparajurij.