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Ascoltare è l'"abilità" più sfuggente, più legata alle fluttuazioni dell'esperienza soggettiva. Proprio per questo, forse, in passato si è cercato di regolarla e disciplinarla, e in un certo periodo del Novecento è stata concepita come il luogo di un possibile rovesciamento di gerarchie, all'insegna di un utopico (e freudiano) «ascolto dell'ascolto». Questo libro cerca di mostrare l'incidenza dell'atto di ascoltare e di udire soprattutto in letteratura, argomentandone l'importanza almeno su due piani. In primo luogo, c'è l'ascolto del diverso, in particolare del popolo in accezione romantica. La paradossale iscrizione di voci e sonorità provenienti da un mondo non borghese mette proficuamente in crisi l'identità dell'intellettuale democratico. In seconda battuta, c'è l'ascolto della vita interiore, la restituzione del pensiero intimo, attraverso le forme e i modi narrativi del discorso indiretto libero. Anche qui si giunge a una crisi benefica, solitamente chiamata modernismo. In ogni caso, ai livelli di consapevolezza più alti, l'ascolto dice di un bisogno di riflessione e partecipazione, di una condivisione problematica di valori pubblici.