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Il saggio di Hans Reichel, di cui si presenta qui la traduzione italiana, fu pubblicato sotto il titolo "Der einforderungsverzicht" ("Pactum de non petendo"), nel volume LXXXV degli "JheringsJahrbücher"; siamo nel 1935 e l'opera di Reichel appartiene a una stagione culturale nella quale l'elaborazione del pensiero giuridico scaturisce ancora dal confronto tra la pagina scritta di un codice - nella specie il BGB, che aveva visto la luce poco più di trent'anni prima - e quell'immenso deposito sapienziale, unico nella storia del diritto, rappresentato dalla giurisprudenza romana. Si sente appieno, nella scrittura di Reichel, questa forte tensione costruttiva; e sembra quasi di vedere uno sforzo progettuale - architettonico per così dire - inteso a dar forma alle figure del diritto, a definire gli snodi, a delineare le linee dritte e quelle curve. Nella sua opera, l'autore mette al centro del suo cantiere il "pactum de non petendo". Offrire una guida alla lettura di un testo senza dubbio complesso, attraverso una sua traduzione critica, significa rimettere in circolazione un segmento di pensiero che mancava nel dibattito italiano.