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La Spada dell'Islam? Mai sentita nominare. I cavalieri berberi che la consegnano a Mussolini il 18 marzo 1937 nell'oasi tripolina di Bugara, interpretati da storici dell'arte come gerarchi fascisti che si fanno incontro al duce. Corrado Cagli (di antica famiglia ebrea anconetana) dipinge quel trionfo arabo di Mussolini dalla foto in prima pagina dell'edizione straordinaria del «Popolo d'Italia» di quello stesso giorno. Questo dipinto a tempera (finora inedito) conclude la raffigurazione eseguita da Cagli del ciclo delle glorie romano-italiche, da Romolo a Mussolini, che campeggerà nell'Atrio d'Onore del Padiglione italiano all'Esposizione internazionale di Parigi inaugurata nel maggio seguente. Un ciclo che però, nel dopoguerra, dovrà essere ricordato solo come «da Romolo al Risorgimento»; pur con Cagli accusato da censori fascisti di aver eseguito quel ciclo pittorico con inammissibile libertà interpretativa; da cui l'asserita «distruzione» del pannello conclusivo, il Mussolini a cavallo con la Spada dell'Islam, addirittura per ordine del ministro degli Esteri italiano (nonché genero del duce) Galeazzo Ciano. Qualche timido passo all'interno della storia e critica d'arte contemporanea provoca sorpresa. La semplicità della ricostruzione di quegli eventi, qui proposta con fonti di ordinaria utilizzazione per ricercatori di storia contemporanea (non specialisti di storia e critica d'arte), ricompone mirabolanti (e illogici) scenari artistici di quegli anni '30, con protagonisti come Cagli, censurati due volte: durante e dopo il fascismo; sempre per imperativi ideologici e conseguente necessità di manomissione e controllo della memoria storica. Aggiungere censura a censura non garantisce tuttavia libertà. Senza strepiti e scandali, appare utile mettere insieme, a convergere, diverse esperienze di ricerca in campi di studio tra loro non certo inafferenti.