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Sulla parete dietro alla reception di un alberghetto della città turca di Antakya campeggia una grande raffigurazione che accosta un minareto, una chiesa e una menorah, sovrastata da una scritta che vuol essere il proclama dello spirito della città: Ezan, Chan, Hazan, richiamo del muezzin, campane e canto di sinagoga. Sembra la summa dell'antica, gloriosa Antiochia sull'Oronte, città cosmopolita di cui oggi non restano che poche tracce, ma che per chi - come l'autrice - cerca lo spirito dei luoghi ha il fascino di essere una "città della memoria" come la sua antica e altrettanto gloriosa rivale, Alessandria d'Egitto. In questi luoghi in cui si sono incontrati nei secoli molteplici culti e civiltà diverse, intrecciandosi e contaminandosi in sintesi nuove, il nazionalismo nato nei secoli XIX e XX ha rappresentato un notevole impoverimento. I viaggi qui raccontati rappresentano dunque una sorta di dolente canto del cigno di mondi ormai scomparsi, sui quali ancora oggi la guerra e la repressione continuano spietatamente ad infierire.