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Mi colpisce della Stevens ciò che accade nello stile verbale delle sue poetiche analogie proporzionali, in cui l'indeterminazione, che sovrasta nei tre termini della relazione si connota nel quarto in modo determinato, di una determinazione non solo cronotopicamente biografica, ma addirittura geo-biografica, con l'effetto espressivo che nulla si chiude in se stesso, ma ogni cosa si apre in modo empatico tra il tempo del vivere ed il luogo dove il tempo si vive. Ne consegue che la forma dell'immagine poetica non è mai isolata nel determinato senso distinto, ma è unità di due diversi contigui che riempiono lo sfondo di tempo-spazio entro un rilievo di vita e natura, aperto a sua volta nella trasparenza di animo e di natìo, rapporto a sua volta presupponente altra apertura, che chiamerei di indeterminazione contigua, non potendo coincidere l'animo con il natio, semmai con l'origine.