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"La sua scrittura annotava parole, versi e melodie con la velocità di chi teme di perdere l'attimo fuggente dell'ispirazione, con la calligrafia minuta che cercava lo spazio vuoto della pagina e lo inseguiva sui bordi fino quasi a sorprendersi, quando scopriva che il foglio era finito prima che il pensiero fosse compiuto, e costringeva a risalire i sentieri di carta" (Giuseppe Albahari). "Poesia di malinconia salubre, questa di don Giuseppe: si tratta di una saggia malinconia poetica, basilare per far subentrare il disincanto come ecologia emozionale dell'onesto, critico sentire. Che è messa a nudo di ogni maschera, anche di quella abbronzante, con cui si fa finta di non vestire illusoriamente i corpi, pretendendo un'abbronzatura sempre più integra, fino a coprire di maschera i corpi ancora più nudi" (Carlo A. Augieri).