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Il 27 maggio 1865, a pochi giorni dalle feste fiorentine per il sesto centenario della nascita di Dante, in occasione della risistemazione dell'area intorno alla tomba, Ravenna è teatro di una scoperta incredibile: una cassetta di legno, risalente al Seicento e contenente le ossa dell'Altissimo Poeta, è recuperata all'interno di un vecchio muro, poco distante dal sepolcro. I resti vengono solennemente esposti per pochi giorni meno di un mese dopo, nel corso di una cerimonia fastosa, dentro un'urna di cristallo, composti a formare lo scheletro dell'uomo più importante nella storia d'Italia. Otto anni più tardi, un archivista propone al Sindaco, che è ancora quello in carica nel 1865, di recuperare i documenti d'archivio relativi alla meravigliosa scoperta; e si accorge che qualcosa non quadra. Perché le ossa erano venute alla luce proprio in quel momento? Perché il primo cittadino si era comportato come un mago, facendole apparire e poi scomparire, al cospetto dell'intera cittadinanza? Che cosa aveva avuto in mente davvero? Passa altro tempo e, nel 1890, in occasione del giubileo del ritrovamento dei resti di Dante, un altro personaggio, un intellettuale rabdomante, indica ai ravennati e al Paese come le ossa fossero state trafugate la prima volta, probabilmente nel Rinascimento. Ancora un evento sorprendente che precede di nuovo una grande festa cittadina, quasi identica a quella originale di venticinque anni prima. L'archivista, che non ha smesso di cercare il senso di queste rivelazioni a orologeria, continua la sua ricerca. Qual è il vero mistero delle ossa di Dante? Che cosa lega personaggi e ambienti molto diversi fra loro, ma tutti intenti a scavare in un passato intessuto di oblio e di memoria, di racconti e di menzogna? Intorno ai resti umani più preziosi d'Italia, si dipana una lotta simbolica in realtà tutta contemporanea, che accompagna archivista e lettore fino alla conclusione di una lunga indagine personale.