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H, dopo una serie di tragiche vicende familiari e un tentato suicidio, scompare senza fornire spiegazioni, neppure agli amici più cari. Trent'anni dopo ritorna nella sua città e ciò che resta del suo vagabondaggio è fissato in svariati taccuini contenenti riflessioni, appunti e pagine di diario. All'amico di sempre strappa, inaspettatamente, una stravagante promessa, quella di riordinare i suoi scritti in caso di premorienza, e di consegnarli a Anna, il grande amore degli anni giovanili. E il caso vuole che H muoia di lì a poco e che il sopravvissuto, onorando l'impegno, intraprenda la raccolta e la lettura di quei fogli sparsi. Inizia così il lungo racconto dell'esperienza umana di H, non un nome, bensì una lettera dell'alfabeto a significare l'anonimato esistenziale di chi si sente un semplice nessuno. Da quei frammenti che testimoniano una sorta di pellegrinaggio, fisico e psicologico, che non si limita alla fuga, ma si palesa come ricerca di riscatto, di speranza, di segni di immortalità, chi narra individua un percorso nello spazio e nell'interiorità da cui emerge un personaggio fobico, tormentato, ma curioso e assetato di verità, fragile ed eroico al tempo stesso. Catturato e coinvolto, l'amico, insieme alla storia di H, si scopre a raccontare anche le proprie vicende interiori, dal problematico ma intrigante rapporto con la moglie Claudia alla difficile e intensa scoperta della figlia Lucia, dando vita a una sorta di ininterrotta riflessione filosofica ed esistenziale materiata di dubbi, curiosità, passioni non sopite. Ne nasce una sorta di narrazione a due voci in cui sembrano echeggiare le note del Totentanz di Liszt. Perché il senso della morte percorre l'intero romanzo. La morte come mistero, come interrogativo che non trova risposta in un mondo privo di senso. Sviluppato e irreggimentato da una esposizione lucida e rigorosa.