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Silloge di racconti idealmente divisa in due parti: "Dislocazioni" e "La città è morta". I racconti della prima sezione si muovono attorno all'idea di confine, esplorano la terra di nessuno tra reale e irreale, tra vita e morte, passato e futuro. Che si tratti di un essere né vivo né morto, alla ricerca di sentimenti che non gli sono stati forniti, di un uomo cui è stata sottratta la capacità di sognare, di un chimico che ha perso ogni ancoraggio temporale, del passeggero di un treno la cui destinazione gli è ignota, la realtà di ciascuno di loro ha subito una dislocazione. I protagonisti sono stati espulsi dalla propria vita e proiettati in una esistenza fuor di sesto. Anche quando si muovono, il loro movimento è solo un'illusione, un viaggio verso una destinazione che non conoscono o in cui non credono, una passeggiata lungo le strade di una città che è allo stesso tempo se stessa e il proprio contrario. Nella seconda sezione, le città conquistano il centro del palcoscenico; diventano immagini di una più ampia dissoluzione, lenti in cui si riflettono le metamorfosi dei loro abitanti. I passi dei protagonisti echeggiano nel silenzio di città semi-organiche afflitte da malattie terminali, tra la folla di città storiche in avanzato stato di decomposizione, nella desolazione di città in cui si muovono presenze non umane o da cui gli umani sono banditi. I personaggi dei racconti sono allo stesso tempo testimoni, vittime e artefici di un destino incommensurabilmente più grande di loro, la cui comprensione gli è negata a priori. Universi distopici, di natura ibrida, al cui fascino, a volte venato di macabro, è impossibile sottrarsi.