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La letteratura è anche una via attraverso cui dare rappresentazione alle storie e ai messaggi più nascosti. Attraverso la scrittura personaggi vividi ed estremamente interessanti, altrimenti condannati all'oblio, possono trovare il proprio spazio, essere illuminati dalla luce del ricordo. Questo è ciò che ha spinto Stefano Ceccanti a scrivere "Adele", storia parzialmente vera della sua famiglia, in particolare delle sue prozie di Castelmaggiore, piccolo paese in collina vicino a Pisa. Adele e le sue cinque sorelle erano le zie di sua nonna, donne molto originali e mal viste perché in un certo modo indipendenti: erano lavoratrici, nubili, nell'Italia del ventennio fascista. La storia dell'emancipazione femminile narrata nel romanzo svolge anche un'altra grande funzione della letteratura, quella legata alla fantasia: il riscatto. Adele, la protagonista, e la maggiore delle prozie del giovane scrittore, era infatti malata di epilessia, e fu condannata a una vita di reclusione e solitudine. Secondo i documenti di famiglia, pare che ci fosse anche lei fra le "Libere donne di Magliano" di Mario Tobino: Stefano Ceccanti ha voluto immaginare una sorte diversa per lei, nel tentativo di averle reso la giustizia che al tempo le fu negata.