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Flusso di coscienza e prosa poetica si fondono in un racconto atipico, un "Pomanzo Rosso" come il vino che lo alimenta, in bilico fra l'introspezione di Guccini e l'ironica ebbra irriverenza di Bukowski. Dopo aver discusso animatamente con il suo coinquilino-telespettatore soprannominato Occhio di Bue, il protagonista decide di uscire e di andare a passare la serata al baretto del paese. Qui, al bancone, tra una bevuta e l'altra, sempre più ubriaco, assiste all'entrata in scena di una serie di personaggi strampalati. Personaggi esilaranti che gli consentono di scagliare le sue penetranti invettive alcoliche, talvolta in rima, contro ciò che ognuno di loro impersona. Ragionamenti interiori con tocchi di canzonetta e di poesia. Boutade consapevolmente e volutamente eccessive. Un romanzo divertente, ricco, irriverente, rabbiosamente avvinazzato, che muove anche un'intensa riflessione sull'importanza delle radici e della propria terra, sulla scelta di vivere in un paese piccolo in grado, però, di offrire una chimera di genuina umanità, anche se alla fine potrebbe rivelarsi solo frutto di una notte di mezza sbornia.