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Provato da una vita travagliata e disordinata, Charles Baudelaire tende a realizzare una poesia che dell'uomo, delle sue cadute e dei suoi disperati tentativi di rialzarsi, della sua sublimità e delle sue bassezze, della ininterrotta altalena tra ennui e idéal, tra disgusto di sé, noia esistenziale da un lato e aspirazioni ideali dall'altro, sia la cronaca e l'epos insieme, l'analisi inclemente e la celebrazione commossa e pietosa. Diviso tra il bisogno di elevarsi e il bisogno di assaporare i forti liquori del peccato; attratto di volta in volta, talora al tempo stesso, e respinto dagli estremi - l'amore che invoca l'odio e se ne nutre - Baudelaire era in preda a una crudele ambivalenza affettiva. Il punto di partenza dal quale muovono tanti atteggiamenti del Poeta è la sua coscienza di esiliato, di angelo caduto e quindi di estraneità al mondo in cui vive. Questa coscienza di diversità ed estraneità approda o alla cupa accidia, a una stanchezza che è insieme disgusto o a un atteggiamento di rivolta cui subentra la frustrazione.