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Geoffrey Scott, originale figura di poeta e studioso, compone con questo libro una brillante «storia naturale» del pensiero architettonico, per scoprire quanto di vero o di falso esista dietro la riflessione moderna. Pubblicato alla vigilia della Prima Guerra Mondiale e poi riveduto nel 1924, L'architettura dell'umanesimo esprime una tensione estetizzante e un'acuta insofferenza per ogni approccio utilitarista. Per Scott, infatti, ciò che si avverte come «bellezza» non è mai materia di dimostrazione logica, ma si fonda piuttosto sul lavoro inconscio della memoria e affiora semplicemente come «piacere». L'educazione della facoltà creativa consisterà, allora, nell'affinare la sensibilità e ciò avverrà con l'abitudine a contemplare opere che incarnino i valori «umanizzati» di massa, spazio, linea e coerenza. È nella tradizione italiana, dal XV al XVIII secolo, che Scott ritrova tali valori: recuperarli è per lui un tentativo di ravvivare nei lettori il senso del gusto, avvilito dall'eclettismo vittoriano.