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Che cosa hanno in comune "La notte" di Elie Wiesel, le fotografie dell'"Album Auschwitz", "Notte e nebbia" di Alain Resnais? La tragedia della Shoah, naturalmente. Ma per quanto scandaloso possa sembrare, non solo. Ognuna di queste opere porta all'estremo i limiti del nostro vedere e ci spiega che certe immagini funzionano solo in virtù di ciò che non si vede, immagini che se venissero analizzate soltanto per quello che mostrano non potrebbero essere comprese. Ognuna di queste opere ci chiede di cambiare il modo in cui ci poniamo rispetto al visivo, perché le loro immagini vivono della pressione del fuoricampo, fanno esperienza del vuoto. Sono quel fuoricampo e quel vuoto a interrogare oggi, dentro abitudini di lettura delle immagini sempre più automatizzate, la relazione morale e politica che lega il nostro sguardo al pensiero dell'estremo. Sempre più, la teoria dell'immagine deve difendere la "causa dell'invisibile" e ripensarne la radice attraverso ciò che ci è dato vedere.