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Di origine pugliese, Pino Pascali sul finire degli anni Cinquanta si trasferisce a Roma, dove si afferma rapidamente come una delle personalità maggiormente dotate, capace di entrare nelle situazioni con una semplicità straordinaria. Con i suoi «Pezzi anatomici di donna» riesce a istituire un particolare come una figura a sé stante, i suoi «Seni» e le sue «Labbra» hanno una perentorietà da simbolo apotropaico. Le sue «Armi», i suoi «Cannoni» sono enormi giocattoli che hanno perso la capacità di offesa per configurarsi come una sognata regressione all'infanzia, verso il paradiso perduto del gioco. Le sue mostre riservavano sempre un elemento-sorpresa, come quando presentò una serie di animali in legno e tela, una fauna terrestre e marina che sembrava ricostruire una nuova fantastica arca di Noè. Gli bastavano poche vasche quadrate di alluminio e un poco di acqua tinta di anilina per fare il «mare», per trasformare un nome in un oggetto reale: e in questa fantasia della trasformazione ottenuta con la realtà stessa c'è come l'allegoria di tutta l'arte di Pascali. La quale è ormai conosciuta in tutto il mondo, dall'Europa all'America al Giappone. Prefazione di Fabio Sargentini.