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Senza una vera uguaglianza la democrazia si riduce a forma di regime, e non può diventare società, comunità di singoli che condividono un terreno comune. Pierre Rosanvallon prosegue con questo libro la sua analisi della crisi del sistema democratico e ne individua la ragione profonda proprio nell'arretramento del concetto di uguaglianza e nello svilimento del suo significato. La società prodotta dal trionfo del neoliberismo - un'ideologia pervasiva che è riuscita a trasformare la propria parziale interpretazione della realtà in un insieme di verità non più discutibili - è il mondo della disuguaglianza, che non è solo ingiusto, ma anche minaccioso, violento e aperto all'irruzione di un populismo basato sull'esclusione. La sinistra ha progressivamente accettato questa visione. Può arrivare a governare, ma di fatto non rappresenta più "l'immagine positiva di un mondo desiderabile", qualcosa per cui valga la pena combattere e sulla quale progettare un futuro migliore. A un'analisi della situazione attuale, Rosanvallon risponde con la necessità di rifondare una vera e propria filosofia dell'uguaglianza che sia basata sulla partecipazione e sulla reciprocità. Una "società di eguali" che non può più fare ricorso alla spesa pubblica ma nemmeno consegnarsi al mito della meritocrazia, che pensi contemporaneamente i concetti di comunità e differenza e ponga il principio di un'"uguaglianza-relazione", capace di produrre un vero legame sociale. Prefazione di Corrado Ocone.