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Apparsi in francese nella «Revue des deux mondes» tra il 1919 e il 1921 e immediatamente raccolti in volume ("La mine de la civilisation antique", Plon, Paris 1921), i saggi qui riuniti furono proposti in Italia soltanto nel 1926 nella traduzione curata dal figlio dell'autore, Leo Verrero, che ora si ripresenta. A guidare l'analisi di Guglielmo Ferrero sulla fine del mondo antico è una più ampia riflessione sui principi di legittimità del potere, che lo spinge a paragonare la situazione dell'Impero Romano nell'età dell'anarchia militare (III secolo d.C.) con quella vissuta dall'Europa soprattutto all'indomani del primo conflitto mondiale: il crollo dei principi di autorità sui quali si era fondato l'ordine politico-sociale preesistente avrebbe gettato entrambe le civiltà nella più profonda crisi della loro storia. E se l'Impero Romano poté essere temporaneamente salvato dalla forza rigeneratrice del Cristianesimo, Ferrero esorta i contemporanei a porre in rinnovati principi di legittimità le basi per il futuro equilibrio europeo.