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Nel quadro generale della letteratura contemporanea, l'efficacia del Pirandello è stata più grande come "innovatore" del clima intellettuale che come creatore di opere artistiche: egli ha contribuito molto più dei futuristi a "sprovincializzare" l'"uomo italiano", a suscitare un atteggiamento "critico" moderno in opposizione all'atteggiamento "melodrammatico" tradizionale e ottocentista. Nella vita di Antonio Gramsci le riflessioni sul teatro non costituiscono una parentesi, bensì una costante. A mantenersi durevole è l'interesse per Luigi Pirandello. Dagli anni delle cronache teatrali torinesi al periodo della stesura dei Quaderni del carcere Gramsci non cessa di interrogarsi su questioni legate alla scena e alla scrittura per il teatro, trovando in ciò che avviene sulle assi del palcoscenico significativi spunti per verificare le proprie posizioni politiche e filosofiche. A sua volta, la scrittura di Pirandello, con i suoi paradossi e le sue provocazioni, non cessa di interrogare uno spettatore e lettore come Gramsci. A ogni svolta teorica di Gramsci corrisponde un modo nuovo di guardare al teatro: ecco così che esiste un'interpretazione di Pirandello fornita dal giovane idealista seguace di Benedetto Croce, una elaborata dal materialista post-rivoluzione d'Ottobre e una messa a punto negli anni della reclusione dal teorico maturo dell'egemonia. Capire, insomma, cosa rappresentino per Gramsci il teatro e la drammaturgia di Pirandello significa comprendere l'articolarsi del pensiero gramsciano da un osservatorio privilegiato.