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Se il tempo e le scelte improprie degli uomini hanno alterato i lineamenti del luogo in cui si vive e cancellato la memoria dei suoi abitanti, per non cedere alla tentazione di finire "i giorni su altri lidi", è necessario sollevarsi da terra e acuire i sensi, scavare per prendere visione delle proprie radici, contemplare ogni topos che si calpesta e ogni mare che si naviga, ridare voce agli aedi per riscoprire la propria identità. Giovanni Luca Asmundo in questo libro compie un viaggio nella sua isola, approfondisce le ragioni di un'atarassia viscerale e prolungata, e ci consegna un ricco e perentorio processo di purificazione che dà al lettore la forza di reagire, curare le ferite della storia, "restare per cullare i ritorni". Una lettura dell'oggi, dunque, che scava nei rigagnoli del passato, sia esso sociale, storico, culturale, politico e persino linguistico. La parola, infatti, è il luogo della riappropriazione etimologica, ma anche della sua scarnificazione, dell'originarietà del senso, anche quando propone neologismi, neoformazioni, prestiti dialettali. L'iterazione delle strutture ipotetiche, che accompagnano l'intero libro, diventa la premessa di un "noi" imperativo, il canto che si fa grido di rivolta, nella necessità di una lotta condivisa contro le "scorrerie di questi tempi". (Giuseppe Manitta)