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Pare che oggi sia acclarato, anche se non proprio da tutti accettato, che la Bioetica, per quanto si dica essere pluridisciplinare, non possa non avere un profilo di fondo filosofico. Come dire che il background forte e necessario - contrariamente a quanto potrebbe sembrare di primo acchito - per il bioeticista non è dato soltanto dalle dinamiche scientifiche e mediche, ma sono molto più importanti quelle dinamiche che si collocano negli orizzonti delle discipline umanistiche con il linguaggio e il metodo che a queste appartengono. Tale prospettiva è stata colta dall'autore di questo libro che, sin dall'inizio degli anni Novanta, ha cercato di strutturare possibili percorsi di ricerca e di didattica che cercassero di far parlare quanto più possibile tra loro le due culture, da una parte la scienza e la pratica medica e dall'altra la filosofia e non da ultimo la letteratura. A ciò bisogna aggiungere che le impostazioni morali sono numerose e numerose sono anche le figure di bioetica. Quale etica, dunque, per la bioetica? Secondo l'autore bisogna sostenere la "bioetica delle virtù", che è lo zoccolo duro di una prospettiva morale che si basa sulla scia lunga di una tradizione che parte da molto lontano, da Aristotele a Tommaso d'Aquino, per arrivare ai nostri giorni quando è stata riabilitata da numerosi filosofi contemporanei che hanno ribadito il concetto delle finalità della morale, che dovrebbe essere rivolta al raggiungimento di felicità e di vita buona e non deve essere mossa dai doveri.