Tab Article
Il pittore-viaggiatore, ma anche lo scrittore che descrive i propri viaggi, o il cineasta che li filma, è un inventore ma anche un non inventore. Nel senso che egli si muove, guarda, sente, registra, si impressiona, s'infinge immagini mentali ed emozioni, ha esperienze d'altrove e del diverso che visita e attinge materiali per una messa in opera del proprio lavoro. Certo l'artista è qualcosa di differente da un narratore o un poeta. La sua discorsività si affida a un repertorio di silhouttes, colori, timbri, che per tanti indizi e segni di riconoscimento non si discostano in genere dalla mera visione dei luoghi incontrati nel viaggio. Valgano quali esempi i protocolli convenzionali degli artisti scesi in Italia tra Rinascimento e Romanticismo, e di quanti si abbandonarono ai fasti dell'esotismo, in lontane terre orientali, tra Ottocento e Novecento. Ma è giusto l'esotismo a metterci in guardia. Mostrando negli autori più grandi non già il colore locale o il dettaglio curioso, ma invece l'aspetto di un'interiorità che è nostalgia del proprio Heimat come anche di un paese dell'anima. A maggior ragione questo interviene con i pittori e i disegnatori, specie se essi si volgano a mete in fatto contrapposte a quelle lussureggianti del colore esteriore. Tali, ad esempio, i paesaggi foschi e grigi del nord dell'Europa: manifestazioni violente di una natura in conflitto con sé stessa, drammatica e difficilmente penetrabile specie con un senso ed un occhio mediterraneo. Ma la cifra figurativa è poi il predicato mutevole che accompagna il soggetto costante. Così cambia persino la prospezione visiva di un pittore impegnato in una simile iniziazione. E si fa intenso e carico, e stilisticamente "nordico", come nel caso di Massimo Marchesotti. In quella Danimarca in cui da anni Marchesotti soggiorna per qualche mese, ispiratrice protagonista del suo più recente ciclo pittorico "Mare del Nord". Né momenti né colline interrompono la monotonia senza limiti. Ma, sopra le pianure ristanti il mare s'innalzano solo grandi onde quando esso è in burrasca. A sovrastare ogni cosa e ogni pianura stanno i cieli, queste sterminate superfici. I cieli del nord hanno nuvole esterne, mobili, multiformi, varie di luce, di gravezza, di oscurità, di spessori. Nell'opera marchesottiana esse sono le compagne costanti che determinano l'atmosfera, il modificarsi delle luci e delle ombre. Persino i mari si muovono e variano nella loro sconfinata uniformità e nel loro rapporto con il cielo, che non rovescia il mondo, bensì la visione poetica dell'artista. Si potrebbero fare sottili disquisizioni e distinzioni ermeneutiche per spiegare la sua apparenza o meno all'espressionismo. Soutine gli attaglia per l'eccitazione immaginifica orlata di una bruciatura vaneggiante e utopica; Nolde per l'intensità dell'interpretazione cromatica. Certo si è servito della "Nuova Oggettività" per esprimere la naturalità con quell'impeto, con la forza che sente dentro di sé, Marchesotti cerca nel nodo figurativo, la via dell'espressione e dell'impronta vitale che giustifichi la sua singolare Wahrheit creativa