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Un detto ebraico insegna che le parole somigliano a braci, sulle quali si deve soffiare nuova vita. Allo stesso modo, le poesie qui riunite somigliano a una promessa focaia o a un secondo battesimo del mondo praticato in un'epoca in cui tutto annuncia invece la propria estinzione. Un'archeologia del possibile consapevole che ogni verso andrebbe sempre vegliato come una ferita, perché la poesia è proprio quella ferita che, "nonostante la trionfante compiutezza dell'annuncio, continua imperterrita a sanguinare - a conservarsi aperta".