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Crosato scende nelle profondità dell'animo, su uno scenario nient'affatto ininfluente che è quello di fine anni Cinquanta, alle soglie del boom economico. Siamo nella campagna veneta ancora tanto intrisa di 'bianco', blindata in dettami da cui non è lecito uscire se non a costo di farsi travolgere da una grandine di sensi di colpa. Alla disamina sulla temporalità dei desideri e sul florilegio dei sentimenti, Crosato oppone la leggerezza di un mondo soffiato come un calice di Murano, la vaghezza di un'umanità sghemba (ma libera) di calzini, creature di vetro e fumo tra comignoli bruniti di caligine, appesi con le mollette arrugginite al filo del desiderio, trapezisti che oscillano tra il dubbio e l'incerto incrollabile orizzonte della felicità.