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C'è nel poeta Gaspare Stassi, una genuina convinzione, che ne permea tutta l'opera, almeno quella che abbiamo qui pubblicato, che la poesia possa essere - e come non dargli ragione - uno strumento vero e proprio di unione di intenti tra poeta stesso e lettore usufruitore dei versi messi lì proprio per essere letti e di cui appropriarsi. Ce lo dice in tutti i modi. Ci parla di grandi riflessioni che a volte vanno oltre le stesse capacità intuitive dello scrittore, e forse del lettore medio di poesie, ma che quasi scippa al suo super io, quello nascosto, per farle sue e in qualche modo concederle, rigenerate, alla lettura amicale. Le figure retoriche, come in ogni poeta anche qui la fanno da padrone, ma quando arrivano sono mozze, intercalate a inciampi quasi ricercati e del tutto naturali, dove la parola viene a volte sottintesa perché difficile parrebbe perfino ritrovarla scritta. Parrebbe dimenticata. Eppure quel sostantivo nascosto, quel termine mancante di fatto c'è perché stranamente durante la lettura lo ritrovi in automatico...