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"Un microbo patogeno ha messo in ginocchio l'umanità, e tutto il mondo si è fermato. La crisi che il virus ha rivelato non riguarda soltanto i suoi effetti, ma investe un sistema complessivo di cui ha evidenziato i problemi che riguardano tutti gli aspetti della nostra vita personale e collettiva: l'ecologia, la sanità, la politica, il diritto, la finanza, la comunicazione, la religione, addirittura le nostre relazioni più prossime. La ripartenza non potrà né continuare nel solco precedente come se niente fosse accaduto, né accontentarsi di una semplice implementazione digitale, né tantomeno compiacersi di fantasie regressive. Recuperare visione d'insieme e storia di lungo periodo può aiutarci ad articolare una cura di ampia portata, che aggredisca la malattia da molteplici punti di vista permettendo di riscoprire salute tanto nel nostro corpo quanto in quello sociale, definendo prassi di riequilibrio tra ambiente e uomo e a questi un pensiero che ne permetta il suo autosuperamento. Non possiamo essere trionfalistici, non dobbiamo essere patetici: non andrà tutto bene perché le cose già andavano male, e non c'è nessuna normalità a cui tornare. Eppure, se per davvero riusciremo a imparare qualcosa dal dolore di questo mondo, quelli della pandemia potrebbero diventare i migliori giorni della nostra vita. Anche se non ci sarà un effetto catarsi, pure se non è da sperarci troppo, la possibilità merita di essere giocata."