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Dal pensionamento, che l'autore preferisce definire "quiescenza", inizia a guardarsi intorno, nei luoghi dove ha sempre vissuto, ma che non ha mai potuto o saputo apprezzare. Quello che ascolta e vede "da fine osservatore quale si è sempre reputato" lo stimola a scrivere questo secondo libro, con un sentimento di nostalgia mista a senso critico nei confronti di ciò che nella sua Gerace è stato, e forse sarà sempre, perfettibile, se solo i geracesi, e chi amministra il paese ancora di più, riusciranno a volgere il loro sguardo verso le potenzialità di cui la città gode, per natura e storia, e che aspettano solo di essere sfruttate.