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Eugène Ionesco ha scritto che «Urmuz inventò [...] un vero e proprio linguaggio surrealista [...]; è veramente uno dei precursori della rivolta letteraria universale». I suoi testi sono una scommessa sul linguaggio e dentro il linguaggio, che permettono di esprimere la libertà creativa dell'opera e del suo creatore, ma sono anche un'avventura nella dimensione tragica della scrittura, perché colui che la attraversa non tanto mette a repentaglio la verità dei propri enunciati quanto il modo stesso del suo esistere. Attraverso una grande perizia retorica e traduttiva, regolata dall'èkphrasis e dalla xenonimia, gli "Schizzi e racconti quasi... futuristi" fanno emergere continue e sorprendenti composizioni di figure simboliche che giocano tra la presenza e l'assenza dell'oggetto designato dalla narrazione. Il messaggio di Urmuz, nella cifra della traduzione, è iperbolico e si offre sovente come una versione allegorica e illusionistica della realtà perché si produce in una sfera metalinguistica che sta all'origine di una personale ricerca dell'"estetica dei nomi" propri.