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In piena guerra mondiale Eugen Ionescu, annotando su un quaderno alcune frasi franco-inglesi tratte dal manuale di conversazione Assimil e traducendole in romeno in forma di dialogo, compone "L'inglese senza professore" (1943), la prima versione di una delle sue opere più celebri e più rappresentate, ossia "La cantatrice calva". Una pièce d'avanguardia dada-futurista a sfondo poliziesco scritta sotto il segno del segreto, del malinteso, del mistero e dell'assurdo, che, molto più della sua versione francese, mostra il «sintomo» dei Balcani e allude alla responsabilità degli intellettuali che hanno contribuito a diffondere in Romania il «panico politico» nella forma della pandemia rinocerontica. Espressione originaria e germinale del teatro ioneschiano, questa antipièce rappresenta non solo un vero e proprio atto di rivolta letteraria e di denuncia universale contro ogni mistificazione politica ed ideologica, ma è allo stesso tempo un'esperienza simbolica e una sperimentazione soggettiva della parola che rivendica un bisogno insopprimibile di imprevedibilità, di pietà - di libertà.