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Mismas, nel dialetto triestino, significa miscela, cocktail, spritz o, in senso figurato, guazzabuglio, confusione, andirivieni (deriva dal tedesco Mischmasch). In questo libro è il nome del luogo in cui il poeta Vigini e la sua compagna Rosa si risvegliano dopo un incidente d'auto. Mismas è l'umanità emarginata, esclusa, isolata, e per questo produttrice di poesia, amore, follia, violenza, veemenza, narrazione. Temi veri, reali e concreti, quasi sempre ignorati da chi è fuori e stigmatizza chi lì ci vive: «migranti, profughi, zingari, clandestini, girovaghi, raminghi, senzatetto, poveri, poverissimi, spacciatori, malati, derelitti, gente insomma di tutte le risme e proveniente dalle più disparate zone del pianeta». Il tesoro di Mismas sta nella solidarietà e nella voglia di vivere, una vita antica, primitiva, che si manifesta concretamente e che per continuare a esistere ha bisogno di storie come quelle raccontate in questo romanzo, storia nelle storie.