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Negli anni Ottanta, mentre in Italia spadroneggiavano i paninari, un poco più a Nord, nella Svizzera italiana, nasceva il movimento dei picchiatori. Non un movimento organizzato, per carità, ma uno spontaneo fiorire, qua e là, in questo o quel paese, di piccole e grandi bande, alcune sedentarie, altre motorizzate, dedite alla nobile arte del menar le mani. Giovanotti, ma neanche giovanotti, spesso poco più o poco meno che ragazzi, pressoché tutti maschi - con la lodevole eccezione di Cristina Brusino detta LouLou c'est moi -, impegnati a difendere il proprio territorio, l'onore delle ragazze, il diritto di stare in santa pace ai tavolini del bar preferito. Con una scrittura distaccata - ma che nasconde un po' d'affetto e un po' d'ironia - la ticinese Manuela Mazzi, in questo romanzo in forma di Breve trattato, ci guida a conoscere una "generazione perduta": che prima di essere ricondotta - dall'età, dalla naturale evoluzione degli ormoni, dalle pressioni sociali - a una vita mediocre e innocua come quella di chiunque, ha tentato di affermare, sia pur rozzamente, la propria presenza nel mondo. Tra tutti, come un piccolo eroe omerico, spicca Matt Stehnermeier, detto Nitro, pugile per scelta e picchiatore per vocazione: che oggi, pur diventato padre di famiglia, non rinnega e non si rinnega: «C'è chi nasce lupo e chi nasce pecora. Io non sono nato pecora. Non mi piegherò mai a ciò che non ritengo giusto, in nessun ambito». Naturalmente, è tutto inventato. Introduzione di Giulio Mozzi. Prefazione di Orazio Cavadini. Postfazione di Ermanno Cavazzoni.