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"Ladro filosofo", "Fantomas della laguna", "Sindacalista delle carceri", "Re dei ladri", i soprannomi si sprecano per Vincenzo Pipino, che ha il vezzo di farsi chiamare "ladro gentiluomo" e può vantare nel suo curriculum ricco di imprese avventurose di aver portato a segno il primo e unico colpo a Palazzo Ducale di Venezia ma anche di aver messo le mani - due volte - sulla galleria privata di Peggy Guggenheim. Senza dimenticare il famoso furto del Canaletto in casa Falck, alle Zattere. Risulta impossibile rimanere indifferenti davanti alla ironia dissacrante e capacità innata di affabulare di Pipino. E si rimane ovviamente rapiti anche dal tema dei suoi scritti: furti, fughe, notti brave, episodi sepolti nella memoria popolare e nei segreti del vecchio milieu malavitoso, spesso ai limiti dell'incredibile. Una narrazione a volte tragica, a volte ironica, mai banale, che dietro a un apparente distacco finisce spesso per porre con forza lo sguardo sulle ineguaglianze della nostra società, tra ricchezze incalcolabili e povertà estrema.