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Il libro prende in esame l'area medioadriatica, e vi individua la persistenza di divinità e culti arcaici, altrove assorbiti dall'egemonia della religione romana di Stato, o messi in ombra dalle mode ellenizzanti ed esotiche che si sono succedute dall'età repubblicana al basso impero. L'autrice, partendo dalla documentazione archeologica in argomento, in cui si muove con perizia e di cui offre precisi riferimenti bibliografici, interpreta secondo i dettami dell'antropologia culturale la storia di dee, miti e riti dell'Abruzzo italico all'interno di un tessuto narrativo che sconfina con la pagina letteraria. Accanto ad esse si muove lo stuolo delle ministre addette ai loro culti, i cui nomi, nei dialetti locali, suggeriscono scenari agresti, boschi e nemora impervi, santuari montani e il fresco zampillare delle acque sorgive.