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Nella primavera del 1855 Ippolito Nievo decide per la prima volta di scrivere un romanzo. Nasce così "II Conte Pecoraio", una "storia del nostro secolo", che uscirà dopo una tormentata elaborazione nel 1857. "Il Conte pecorajo", insieme ai racconti del "Novelliere campagnolo", è un tentativo di esplorare narrativamente la realtà rurale del Friuli contemporaneo. Il progetto di una letteratura "campagnuola", diffuso nell'Europa di quegli anni, trova in Italia con Nievo una risposta capace di confrontarsi coi più importanti modelli letterari (Manzoni, Sand, Carcano), di misurarsi sulla complessità del romanzo, e di riflettere le difficili questioni - sociali, economiche e culturali - di quell'Italia regionale, povera e arretrata, ma ricca di valori e di civiltà, che era ormai avviata all'unità nazionale. La veste linguistica, eccessiva rispetto alla media ottocentesca e alle stesse abitudini nieviane, e alcuni artifici narrativi hanno ingiustamente penalizzato questo romanzo, forse il meno noto di Nievo. Eppure attraverso la storia di Santo - il "conte pecorajo" - e di sua figlia Maria, il lettore di oggi riscopre un documento vivo del Friuli preunitario, un romanzo "contadinesco" tutt'altro che banale, e la prova prima di un grande scrittore.