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"Sogno di un'ombra è l'uomo". Il verso dell'ottava "Pitica" di Pindaro, citato da Leopardi nello Zibaldone è la prova del nulla dell'uomo. Condizione antica e moderna: di sempre. Ma i versi che seguono la famosa sentenza pindarica ci parlano di una luce che, a volte, scende dal cielo e fa dolce la vita. Paradossalmente Leopardi, che tace su questi versi, quando guarda al mondo antico lo vede illuminato da una luce non dissimile: la prossimità degli uomini agli dei, la poesia "tutta vestita a festa", e condivisa dal popolo, in un tempo in cui la parola del poeta era detentrice della verità, il "falso" era unito al "vero", il mito alla ragione. Con disincanto Leopardi si chiede quale sia il compito del poeta moderno: farsi filosofo per testimoniare la nuda verità? O mettersi in ascolto di una voce che - nonostante tutto continua a riecheggiare dalla "prima condizione", riaprendo così alla possibilità dell'illusione e della bellezza, pur nel disinganno? Benché l'ineludibile dominio della ragione gli imponga di seguire la prima via, egli non si preclude la seconda purché il "cuore" sia disposto ad accoglierla. Ma che questa eco lontana possa farsi udire dipende da un inatteso momento di grazia, come per quel raggio che, per Pindaro, "rende più dolce la vita". Così Leopardi tiene miracolosamente insieme mito e ragione che l'illuminismo e, in modo rovesciato, il romanticismo, avevano separato.