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Perché in Italia, rispetto ad altre democrazie avanzate, non si è riusciti a forgiare la fisionomia e le attitudini di un autentico sistema-paese, caratterizzato da un forte senso civico e da una coerente strategia nello scenario europeo? Eppure il nostro è un Paese che si distingue per una grande vitalità e per eccellenti capacità creative individuali e imprenditoriali. Senonché tante sono state le riforme strutturali in materia di finanza pubblica e di welfare solo in parte attuate, per i pregiudizi ideologici o per i veti incrociati fra singoli settori della classe politica; tante le ipoteche del passato e le endemiche piaghe di illegalità; tante le eccessive pastoie burocratiche e le resistenze ai cambiamenti opposte da varie corporazioni; tante le disfunzioni di numerosi enti locali e le profonde difformità territoriali; tante le oscillazioni, e talora le ambiguità, susseguitesi sul versante della politica estera. Questo groviglio di criticità e incongruenze ha finito per accrescere il debito pubblico, penalizzare le nuove generazioni, ridurre le potenzialità competitive del made in Italy, alimentare la diffidenza dei principali partner europei nei nostri confronti. Quanto emerge dall'analisi di Valerio Castronovo spiega le cause, sia politiche e istituzionali sia economiche e sociali, che hanno determinato nel corso degli ultimi quarant'anni questa sorta di «anomalia italiana». Risulta oggi denso di gravi incognite il rischio che l'Italia corre se resta ostaggio di una persistente congerie di nodi complessi e spinosi mai sciolti del tutto. Tanto più di fronte alle sfide cruciali e ineludibili imposte da fenomeni e mutamenti di carattere epocale.