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Figura di un doppio persecutorio e beffardo che istiga al male, ombra allucinatoria che non dà tregua, effetto ipnotico che droga e annienta la volontà, patologia paranoica lacerante e distruttiva, aggressione maligna e seducente di desideri e conflitti rimossi, fantasma di un atavismo ferino e degenerato: tutto questo, e altro ancora, è la piccola scimmietta nera che una sera, all'improvviso, dal cantuccio oscuro di un omnibus appare al mite, solitario e malinconico reverendo Jennings, trascinandolo in un percorso disperato verso la follia e il suicidio. Tè verde è la storia di questa ossessione, ma non solo; è anche la storia di colui che la racconta, trascrizione di un "caso" clinico che ci arriva dalla voce ora distaccata ora partecipe del dottor Hesselius, figura quanto mai moderna di analista/indagatore/detective, che racconta al tempo stesso la sua ossessione, ovvero quella di leggere il caso con gli occhi della scienza, rimuovendone la carica eversiva con le proprie fragili certezze; voce autorevole e rassicurante che si perde nel vortice della follia e dello scacco metafisico.