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"La presenza nella poesia italiana delle opere di Luciano Cecchinel è senz'altro una realtà che imprime il sigillo di sempre inaspettate novità. I temi solo molteplici e ruotano come punti mobili attorno alle più varie situazioni. Il primo libro di Cecchinel, "Al tragol jért", io l'ho conosciuto piuttosto tardi, nel senso che la forza espressa mi procurò una vera e propria meraviglia. Fu a fine anni '80, al Premio "Città di Thiene", quindi con l'avallo implicito di Meneghello, e con la presenza in giuria di una figura che bisogna dire carismatica come David Maria Turoldo, che conobbi direttamente Cecchinel. Il rilancio del dialetto come strumento letterario principe non poteva trovare migliore esempio che nel suo lavoro. Mi si impressero nella mente molte delle figure che a me, reduce da recenti esperienze dialettali, continuarono per molto tempo in citazioni spontanee come ricorsi da lontananze che erano anche mie. La figura del to'sat de crosèra, vero e proprio outcast, il ricordo della ragazza vagheggiata e mai chiamata, quasi una semplice verità esistenziale, l'appello a Mani e a divinità agresti di fronte a una dissoluzione che già mostrava di intaccare come una lebbra il mondo della memoria, trovavano nell'aspro e arduo moto espressivo di Cecchinel una forza che prometteva rinascite e riapparizioni di incredibile vivezza." (Andrea Zanzotto)