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Ines Marone si presenta sulla scena letteraria con una silloge che esprime tutto il bagaglio esistenziale; ma soprattutto quello delle memorie a cui resta aggrappata come un urlo alle pareti delle rocce. Il memoriale è un po' il rendiconto di una vita, l'insieme di fatti e accadimenti che l'hanno costellata, e che poi la richiamano quasi come a prolungarla soprattutto con quelle vertigini che hanno costituito il cuore dei giorni: il sapore dei giorni, il cuore del canto, l'amore per tutto ciò che ha motivato l'esistere. E tutto scorre con fluidità, con leggerezza empatica, con euritmica scansione, con callidae iuncturae, che danno l'idea della frequenza letteraria, del patrimonio linguistico, della icasticità verbale, e soprattutto della spontaneità espressiva.