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"La poesia della Cappellini resiste alla tentazione della nostalgia fine a se stessa, del lamento sterile, ricuce gli istanti di quel tempo - il suo, ma anche quello del mondo che ci gravita intorno e ci respira addosso - lo imbriglia e lo cristallizza in immagini che paiono acquerelli sbiaditi, in cui resistono poche pennellate di colore («il becco sottile di un pettirosso»). I bastioni sepolti dalla neve che restano immutati e ci sopravvivono, il profilo delle vigne con i suoi filari impressi contro il cielo plumbeo, la periferia muta e insondabile, tutto è immobile nella penna della Cappellini, che ferma per un momento l'ago del mondo e lascia che siano le nostre domande, il nostro perenne interrogarci a riempire la pagina". (Dalla Prefazione di Emanuele Spano)