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Un Artaud inedito traspare da questo libro, poco frequentato anche dagli addetti ai lavori. Il tema è infatti quello del viaggio che racchiude, oltre ai resoconti scaturiti a contatto con la tribù messicana dei Tarahumara in cui avrà modo di sperimentare gli effetti stranianti del peyotl, anche alcuni reportage immaginari, realizzati dopo aver ascoltato racconti di amici che si erano recati in Cina e alle Galapagos. Senza alcun freno inibitorio, emerge la tendenza artaudiana all'esposizione di taglio profetico e apocalittico che troverà il suo acme nel rocambolesco viaggio in Irlanda fatto col proposito di restituire ai suoi abitanti il presunto bastone di San Patrizio. Ai quattro reportage presentati nella prima parte, tra i quali figura "Il villaggio dei Lama morti", mai più ristampato, nemmeno in Francia, dopo la prima uscita sulla rivista "Voilà" nel 1932, seguono i testi dedicati ai Tarahumara, tra i quali spicca il "Supplemento al viaggio nel paese dei Tarahumara", infarcito di elementi devozionali di taglio eretico, se non addirittura blasfemo, dove predomina la peculiare visione sincretistica che si impone prima del rinnegamento di ogni forma di religiosità possibile. Totale è l'identificazione con la figura di Cristo, dagli esiti deliranti e, al contempo, profondamente umani.