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Mai come in questo saggio Derrida ha affermato con tanta chiarezza che la sua maniera di praticare la filosofia non è assimilabile in nessun modo a ciò che di solito si intende con "filosofia postmoderna". Non solo. Derrida spiega in che senso assimilare la decostruzione al postmodernismo sarebbe un errore e, quasi a rincarare la dose, smonta - o, se si preferisce, decostruisce - gli stessi assunti di base della critical theory che ha fatto proprie le tesi di fondo del postmoderno filosofico. Presentare al pubblico italiano questo saggio frutto di una conferenza ha un duplice interesse. Da un lato, si tratta di un ottimo esempio del modo di praticare la filosofia come decostruzione: ridurre un discorso alla sua genesi istituzionale per mostrare la labilità del confine fra teoria e prassi. Dall'altro, siccome si tende a confondere Derrida con i sostenitori del postmoderno (nell'accezione negativa del termine) non è affatto male ascoltare dalla voce del filosofo la sua posizione, evitando di farsi intrappolare nel gioco degli "ismi", prendendo atto di un pensiero nel quale rigore del concetto e invenzione si mescolano nel costante corpo a corpo della scrittura.