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Nel trecentesimo anniversario della nascita di Giovanni Battista Piranesi si presenta una raccolta di disegni e tavole meno note al grande pubblico, riguardanti le antichità di Pompei e i reperti conservati nel museo borbonico di Portici. Si tratta delle incisioni del periodo cosiddetto "documentario" in cui emerge il tratto dell'artista appassionato dell'antico che cerca di fissarlo prima della sua inevitabile distruzione. Sono tavole più filologiche, eseguite con l'intento di mostrare i monumenti e i reperti nel loro impianto funzionale e con dettagli che si avvicinano a delle illustrazioni scientifiche. I disegni, già eseguiti da Giovanni Battista e programmati per essere pubblicati, a causa della sua prematura morte, vennero rielaborati ed editi postumi dal figlio maggiore, Francesco Piranesi, fuggito da Roma per motivi politici nel 1799 e rifugiatosi a Parigi. Francesco riuscì a pubblicare, tra il 1804 e il 1807, tre tomi dedicati alle antichità magno-greche del regno di Napoli, le Antiquités de la Grande Grèce, aujourd'hui royaume de Naples. I primi due tomi hanno come secondo titolo Antiquités de Pompeïa, mentre il terzo, dedicato al museo di Portici, reca nel secondo titolo la dicitura Usages civils et militaires trouvés à Pompeïa et à Herculanum. In appendice si offrono anche i rarissimi disegni piranesiani dedicati alla Villa di Diomede a Pompei. L'introduzione traccia i dati salienti della vita, dei disegni e delle tavole riguardanti le città vesuviane, identificando tutti i coevi artisti e studiosi che ebbero a che fare con "i Piranesi", e mette in risalto i giudizi, positivi o negativi, che il loro lavoro ricevette, ferma restando l'importanza dell'impresa tipografica e dei profitti che le tavole decretarono per innumerevoli anni.