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I "giovani d'oggi" ci sono sempre stati: ogni epoca ha avuto i suoi. Ogni epoca li ha incoraggiati, redarguiti, blanditi, invidiati, condannati. Il fatto è che invecchiamo, e costruiamo categorie per rappresentarli. E ripetiamo, più o meno consapevolmente, un ritornello identico a sé stesso dai tempi in cui Cicerone si lagnava delle acconciature dei ragazzi della sua epoca. L'ambizione di questo libro non è quella di definire i giovani, quanto di incontrarli, confrontarsi con loro, tenendo sempre bene a mente che le idee non hanno anagrafe. E cercare di capire come funziona una staffetta generazionale, a scuola, tra i banchi, e fuori - tanto più impegnativa nel passaggio fra due secoli, con l'ingombrante erdità novecentesca da proporre a chi è nato nel ventunesimo secolo. La prospettiva dei due autori, in questo senso, appare complementare: da una parte quella di uno scrittore, Paolo Di Paolo, che tenta di costruire un'alleanza con i fratelli minori; dall'altra quella di Carlo Albarello che, da educatore, ha vissuto e vive con i ragazzi fianco a fianco, studiandone i gesti, le parole, i desideri.