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Sostenuto da una singolare finezza di spirito, che di tanto in tanto si fa pure voce attraverso il passo leggero e penetrante della poesia, il testo ci dona una riflessione intensa e felice sull'autunno del prete, sul tempo della sua vecchiaia. Attingendo al pozzo mai abbandonato della Scrittura e della sua esperienza personale, l'autore pone bene in luce che cosa avanza - nel duplice senso di ciò che resta e di ciò che resiste - nell'esistenza di un prete dopo lunghi anni spesi nel ministero: l'amore per ogni colore della vita, fonte di vera saggezza, la verità delle relazioni, ora sempre più reciproche e autentiche, una sensibilità più acuta per la tenerezza, la misericordia, la lentezza, feritoie attraverso le quali provare a immaginare e comunicare con inedita sorpresa il volto di quel Dio che ci attende oltre l'ultima soglia.