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Penisola di Crimea, 1920-1921. La Riviera russa, devastata dalla rivoluzione e dalla guerra civile, è teatro della vendetta dei vincitori. Nella terra dei cimmeri, dove un mito degli antichi greci collocava la porta dell'Ade, divampa il moderno inferno dello sterminio dei "nemici del popolo". Dall'alto di una casetta su un poggio affacciata su Alusta, cittadina incastonata tra i monti e il Mar Nero, il Narratore, che è l'autore stesso, assiste all'agonia per fame, violenza e abbandono di uomini, donne e mestieri, vigne e frutteti e campi, e degli animali domestici. Ivan Smelëv, scrittore affermato in Russia fin dai primi anni del Novecento, pur nello sconvolgimento in atto sceglie di non andarsene per cercare di salvare il figlio, arrestato senza più notizie. Solo quando ogni speranza cade si rassegna a partire. Ospite di Ivan Bunin in Francia, comporrà in pochi mesi del 1923 Il sole dei morti, primo di tanti suoi libri diventati popolarissimi nella "Russia all'estero" e infine tornati nella Russia postsovietica in innumerevoli ristampe. Smelëv stesso ha voluto per Il sole dei morti il sottotitolo di epopea: all'afflato epico e lirico di una grande penna si unisce la potente testimonianza su una tragedia epocale a lungo mistificata e rimossa.