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Costanza ha diciassette anni ed è nata in una valle dove il sole sorge tardi e tramonta presto. Il padre, Tiziano, voleva un maschio. La madre, Augusta, voleva una bambola. Incapaci di comunicare, i loro corpi coesistono in una casa gialla circondata da boschi, vecchi riti contadini e nuovi riti industriali, superstizioni, voci di paese, anziane dette "streghe". Ci sono i campi da lavorare, il cimitero per i morti e la chiesa per chi aspetta il regno del Signore. Il campanile batte le ore con tre minuti di ritardo sul resto del mondo, e Costanza cerca di coprire lo svantaggio scappando, smezzando acidi e dormendo su pavimenti. Macina chilometri lungo la statale in cerca di passaggi per l'altrove. Lo fa con Livia e con Mimì, con Fiorella e tutte le ragazze e i ragazzi come loro. Sono gli anni Settanta, e i loro vecchi non sono pronti a guardare in faccia questa nuova specie di animali. Quando Costanza incontra Claudio - che sa sistemare i denti anche se non è un dottore, inventa storie, nasconde tesori ed è fidanzato con l'eroina - comprende di aver trovato il suo altrove. Non importa se si chiama Roma o Bombay, se si trova in un vicolo di periferia o in una comunità in cima a una collina, così come non importa se ci si ammazza di botte, se i soldi finiscono e le mani invecchiano. Importa solo non tornare nella valle, che non lascia mai in pace e dopo quarant'anni rivuole ancora indietro le sue figlie ingrate. Claudio viene dalla grande città piena di antichità e memorie ma vuole andarsene comunque, perché sono gli anni Settanta anche se la madre - il padre non c'è più, se mai c'è stato - accetta le sue stranezze scambiandole per modernità. Così Claudio e Costanza, disinteressati al futuro ma impegnati nel presente, cominciano a vivere insieme, e la vita porta avventure, dolori, allegrie e la bambina che oggi, cresciuta, racconta questa storia.